Mentre c'è chi si diletta
a prendere l'aereo, i veri professionisti fanno viaggi nello spazio. Da un'ennesima
saga che faceva il verso, mutatis mutandis, ai pellegrini prima di oltremare
e poi del West, il serial Star Trek è diventato un piccolo manuale
della politica internazionale. Armate di popoli, viaggiatori almeno quanto
i terrestri, si contendono il campo dell'astronave proveniente dal sistema
solare e assomigliano in tutto ai padroni di casa tranne che per qualche
dettaglio della pettinatura o della fisionomia del volto. Qui si innesta
un'altra allegoria tipicamente americana, quella del confronto tra razze
per l'egemonia, culturale se non militare o economica, su un certo territorio.
Nella serie attualmente sullo schermo
il comandante è una donna, che a volte si innamora ma il più
delle volte è pronta a lottare fieramente o a fare complicati accordi
politico - militari per salvare l'astronave e i compagni d'avventura.Questo
è un segnale che qualcosa è nettamente cambiato, nell'immaginario
se non nella realtà, dato che i veri astronauti sono generalmente uomini,
come tutti sanno.
Insomma, a guardare Star Trek ci
si trova immersi in un'enciclopedia del viaggio che fa invidia alle guide
turistiche più popolari, Lonely Planet o Let's go, con la sensazione,
in un certo senso confortante ma del tutto falsa, che i "nostri" possano
soltanto contare su una fragile navicella spaziale alla mercé dei
cattivoni, pluriarmati e capitani spaziali di lungo corso, di turno nella
puntata. Niente male, soprattutto in termini di positivo contributo dato
alle "simpatiche" campagne a favore dei vari riarmi possibili, dallo scudo
spaziale ai satelliti e agli aerei d'alta quota che "vegliano" su di noi,
passando per il "peace keeping" diplomatico, ma a volte non tanto, che ai
nostri cugini di oltre Oceano piace tanto.
Washington, 16.1.01
Marco Saladini